Lettera di George Rodger al figlio

La lettera che segue l'ho sempre considerata un manifesto di cosa vuol dire essere fotografo, fu scritta da George Rodger, fondatore della Magnum, al figlio ed è ancora oggi un documento fondamentale per comprendere cosa vuol dire essere fotografi.

15 luglio 1970

Mio caro Jonathan,
ho appena ricevuto la tua interessante lettera e ti ringrazio per avermi inviato alcune copie delle tue prime fotografie. Mi è piaciuta specialmente quella che hai fatto a Stonehenge in cui hai ripreso, invece delle pietre stesse, la loro ombra sul suolo. E’ alquanto difficile rispondere alle domande che mi poni, ma farò del mio meglio e se non comprenderai subito, ciò accadrà un poco più tardi. La tua prima domanda è senz’altro la principale e credo che rispondendo ad essa lo faccia anche per tutte le altre. Tu chiedi: – Che cosa devo fare per diventare un fotografo come te? – Se tu non avessi aggiunto quel “come te” in fondo alla frase, la risposta sarebbe stata per me molto più semplice. Come si può spiegare qualcosa di non tecnico, di non tangibile e che viene da dentro?

In realtà, avevo comprato un libro, scritto per fotografi principianti, che avrei voluto donarti per il tuo compleanno. Nella prima pagina dice che la luce viaggia ad una velocità di 186.000 miglia al secondo e nell’ultima pagina dice che un’altra parte dell’apparecchio non ancora analizzata è il mirino. Così, poiché vuoi diventare un fotografo come me, non ti regalerò questo libro per il tuo compleanno. Non lo condivido affatto. Non potrei preoccuparmi meno del fatto che la luce viaggi a 186 miglia al secondo o all’ora o al giorno. E’ davvero irrilevante. Ma invece sono convinto che il non ancora analizzato mirino è tutto ciò che c’è d’importante. Naturalmente, quando si è davvero all’inizio, bisogna imparare qualche regoletta tecnica. Lo devi fare, se vorrai esprimerti esteticamente attraverso mezzi e strumenti puramente meccanici (il fuoco, il diaframma, la velocità, etc. etc.). Ma questi dovranno diventare in fretta dei riflessi condizionati e poi dimenticati. Essi dovranno diventare per te istintivi come l’aprire la bocca per mordere una mela.
Poi, una volta stabilito questo automatismo, potrai concentrarti su quello che vedi nel mirino perché è attraverso il mirino che tu stabilisci il legame tra la realtà e la tua interpretazione di esso. Ricordalo. Qualunque cosa tu vedi sul vetro smerigliato della tua Rolleiflex è realtà.

La fotografia è ciò che tu fai di essa. Ciò che vedi nel mirino può essere brutto. Il tuo cuore può resistere appena all’orrore di ciò che vedi o i tuoi occhi annebbiarsi per la pietà e per la vergogna. Ma è tutta realtà e tu devi sapere cosa farne. Credo che nessuno saprebbe consigliarti come imparare ad usare la realtà, tranne dicendoti di essere sempre onesto verso te stesso, ma ciò è piuttosto vago. Certamente non puoi interpretare ciò che vedi nel tuo mirino e non puoi farne una buona fotografia, senza averlo prima compreso. Devi riuscire a provare una certa affinità con quello che stai fotografando; devi essere una parte di esso e nello stesso tempo restarne sufficientemente distaccato per poterlo vedere obiettivamente.
Come guardare uno spettacolo dal mezzo del pubblico ma subito partecipandovi col cuore. Sfortunatamente non c’è nessuna formula per questo tipo di “partecipazione”. E’ qualcosa che viene dall’interno. Ma puoi esercitarti in questa direzione. Dipende molto dalla tua propria personale conoscenza del mondo e dalla tua abilità a percepire ed accettare come l’altra gente ci vive. Non andresti mai molto lontano volando in jet a destra e a sinistra, tenendo un costoso apparecchio appeso al collo come un rosario, e pretendendo che il mondo non si muova intanto che tu cerchi qualche elusiva verità. Ma monta piuttosto su una vecchia auto che sia garantita per rompersi ogni qualche centinaia di chilometri e guarda come va a finire. Qualcuno ha detto che maggiori saranno le tue difficoltà, migliore sarai te stesso.

Hai mai osservato un camaleonte? E’ una specie di lucertola che cambia i suoi colori accordandoli a quelli dell’ambiente: è verde nell’erba, marrone su un tronco, rosso pallido sulla latterite. E’ un metodo molto utile che potresti cercare di imitare. Non intendo dire che dovresti diventare color caffè nel Vizagatapam o completamente nero nel Bangassu, ma voglio dire che dovresti trovare quella certa attitudine per non apparire bianco in nessuno dei due posti. Ogni nazione, razza o tribù ha la sua morale, il suo orgoglio e la sua dignità, le sue regole e le sue abitudini e molto differenti le une dalle altre.E tu devi accettare queste cose e più le conosci e meglio è. Sviluppa il tuo metodo di camaleonte fino a saperti mescolare in tutti gli ambienti e sentirti veramente a casa tua sia nella capanna di un beduino che a palazzo reale. Impara le lingue, non solo quelle europee, ma arabo, swahili, urdu; ricorda di non avere mai fretta ad est di Suez o tutti rideranno di te. Impara a mangiare con le bacchette o con le dita, senza, per amore di Allah, usare la mano sinistra.

E ovunque ti trovi, evita i trucchi. Una buona fotografia è basata sulla verità e sull’integrità.

Il trucco è solo un mezzo da poveri uomini per giustificare la loro mancanza di talento, la loro incapacità a comporre una foto senza artifici.

Fa che la composizione della tua immagine sia onesta, pura, forte e ben definita. E’ una questione di disegno e meno complicato esso è, più piacevole risulterà all’occhio.E credo che questo sia tutto ciò che posso dirti al momento. E’ così che io la vedo e la penso e non dico di avere necessariamente ragione. Ma rifletti su tutto ciò e non avere troppa fretta. Mi ci sono voluti più di trent’anni per comprendere e chiarirmi le cose; non mi aspetto che tu le digerisca in mezz’ora.
Ma, per cortesia, non scrivermi la settimana prossima dicendomi che ciò che veramente vuoi fare, terminata la scuola, è il pilota di caccia-bombardiere.

Tuo affezionatissimo padre.

Architetture, città, visioni

"Architetture, città, visioni - Riflessioni sulla fotografia" è un libro di Gabriele Basilico edito da Mondadori che ho acquistato e letto nelle poche ore che separano Milano da Roma viaggiando su un Frecciarossa.
Gabriele Basilico ripercorre la sua carriera di fotografo dalle prime esperienze fino alla sua maturità, il libro è del 2007 e quindi credo uno degli ultimi suoi lavori prima della sua scomparsa all'inizio di quest'anno.
Anche se Basilico parte da una fotografia di architettura che sembra non lasciare spazio alla forma artistica, ci tiene invece a sottolineare come

"uno dei compiti della creazione artistica consiste nel rendere visibile, scavando nella realtà e nell'immaginario, qualcosa che normalmente non si vede, che è come se fosse invisibile, ma che naturalmente in realtà esiste."

Egli ci parla di "lentezza dello sguardo", cioè di uno sguardo che mette a fuoco tutto e permette di cogliere ogni particolare, si rifà alla tradizione di Eugène Atget e Walker Evans.

Nel libro si coglie tutta l'evoluzione della Fotografia di Basilico, infatti egli stesso ammette come passa da una fotografia del drammatico, con toni più cupi ad una fotografia fatta di armonia anche nei toni. L'attrazione per l'abbandonato lascia spazio all'esplorazione dello spazio reale. 

Un buon libro per capire il lavoro di un grande fotografo che è partito ad indagare l'uomo dalla misura dello spazio utilizzato, non siamo di fronte ad una pura fotografia di architettura ma questa supera la rigidità degli schemi e diviene un modo per guardare all'uomo e alla sua relazione con il suo habitat,  

Che cos'è una fotografia falsa?

Riporto, per gentile concessione del sito The Luminous Landsscape la trduzione in italiano dell’articolo di Charles S. Johnson JR pubblicato il 29 maggio 2013: “What is a fake photograph

Siamo bombardati da immagini dalla televisione, dagli schermi dei computer, dai giornali e dalle riviste. Ci sono annunci pubblicitari, illustrazioni per le storie di notizie, istantanee da social media, e così via. Di tanto in tanto ci sono notizie che esprimono sdegno per le fotografie manipolate in pubblicità e, per carità, foto migliorate di notizie. Ci sono sproloqui su fotografie “false”, e prestigiose pubblicazioni come il New York Times che proclamano la loro purezza. Nel sito del NYTCO (1) troviamo: “Le  immagini nelle nostre pagine che pretendono di rappresentare la realtà devono essere in ogni modo autentiche . ”
Ha senso tutto ciò? Ci sono cose come un dipinto falso, un articolo di giornale falso, uno show televisivo falso? Penso che ci siano falsi, ma per me queste sono cose che hanno lo scopo di ingannare, in altre parole, le cose che non sono quello che dicono di essere. Il problema con le fotografie è la nozione antiquata che le fotografie rappresentano la realtà e devono implicare un’etichetta di non finzione. Con la letteratura la questione è solitamente esplicita. Possiamo leggere un lavoro di finzione o di saggistica. Se l’inganno viene provato per un’opera di saggistica, l’autore e l’editore sono in difficoltà. Per esempio nel 2011 furono trovate invenzioni nel libro di Jonathan Lehrer Imagine e furono ampiamente segnalate. Citazioni da personaggi famosi erano stati fatte per sostenere la linea della storia, e l’editore successivamente si era offerto di riacquistare le copie del libro. Inoltre, Leherer perse il suo lavoro al New Yorker.
Presumibilmente gravi infrazioni sono stati riportati anche in fotografie di notizie. Nel 2006 Patrick Schneider è stato licenziato dal Charlotte Observer per aver modificato la luminosità e la tonalità del cielo in una fotografia di silhouette relativa ad un vigile del fuoco su una scala che si staglia dalla luce del sole. Una tesi opposta di questo incidente, che coinvolge la fotografia che illustra l’articolo, può essere trovato in riferimento (2). Il Pompiere della fotografia di Schneider insieme a numerose altre fotografie manipolate o ritoccate nella storia, nella pubblicità, e nelle notizie sui media sono mostrati e discussi sul sito web, http://ethicsinediting.wordpress.com
Io sostengo che la luminosità e il colore non sono catturati con precisione in primo luogo e sono sempre manipolati sia nella fotocamera, nel caso di immagini jpg o di conversione RAW immagine dopo lo scatto. Esiste un problema solo se una pubblicazione sostiene che la realtà non manipolata è presente in tutte le sue immagini. Credo che l’ipotesi di default dovrebbe essere che tutte le immagini fotografiche sono corrette o migliorate in un modo o in un altro a meno che non ci sia una esplicita dichiarazione contraria. Il fotografo può per esempio sostenere che nulla è stato spostato, aggiunto o rimosso. Eventuali reclami circa la luminosità o tonalità di colori deve essere prese cum grano salis.
Col senno di poi credo che le rigide regole del fotogiornalismo siano state prodotti nell’era della pellicola. I reporter esponevano la pellicola e la sviluppavano in base alle istruzioni del fabbricante. I negativi o le diapositive erano esposti correttamente o meno, ed erano a disposizione di editori per l’ispezione. C’era un po ‘di libertà nella lavorazione di stampe e ingrandimenti, ma di solito questo era limitato a schiarire, bruciare e a ritagliare. Nell’era digitale tutto è cambiato. Siamo in grado di lavorare in spazi di colore molto più grandi, e sappiamo come combinare più immagini per catturare alte gamme dinamiche, aumentare la risoluzione, e per aumentare il campo visivo. La domanda è allora come dobbiamo trattare tali dati per la visualizzazione in stampe e su monitor. Inoltre, è ora possibile effettuare alcuni di tali trattamenti e manipolazioni nella fotocamera!
Tutta questa libertà ci ha costretto ad accettare il fatto che le macchine fotografiche producono una rappresentazione limitata della realtà. Il nostro sistema occhio / mente simula la realtà in modo egoista utilizzando stimoli visivi dal mondo che ci circonda. Quando le immagini fotografiche sono controllate, la nostra mente utilizza una serie limitata di caratteristiche dell’immagine per costruire una pseudo realtà. Nella migliore delle ipotesi le immagini rivelano alcuni aspetti della realtà, evocano emozioni, e forse causano piacere. Naturalmente, la realtà che sperimentiamo la visualizzazione di una scena è molto diversa da quella fornita da una immagine fotografica della scena, e questa differenza varia da persona a persona. Consideriamo la fotografia di Patrick Schneider con il sole con un pompiere che si staglia sulla scaletta. Un osservatore avrebbe dovuto usare un numero filtro 14, di circa 18 EV di attenuazione, per guardare il sole più di un secondo senza danni agli occhi. Se gli occhi sono stati protetti dal sole, l’adattamento permetterebbe di visualizzare i dettagli del pompiere. Pertanto, una fotografia di questa scena rappresenta scarsamente la realtà, tuttavia, con il ritaglio e la regolazione della luminosità e del colore appropriato può essere un’opera d’arte. Ulteriori discussioni sul problema della percezione verso la realtà possono essere trovati nel riferimento 3.
In realtà, l’inganno nelle foto di notizie è molto più probabile che derivi dalla scelta del soggetto e dal suo inquadramento. Il fotografo può concentrarsi sulla sola persona ferita in una protesta o forse sull’unica persona illesa. E, naturalmente, il fotografo può scegliere la migliore vittima in modo da suscitare il massimo interesse o simpatia. Il propagandista può rendere la folla in modo da sembrare sia grande o che piccola, senza manipolazione fotografica. La notizia che accompagna la storia può anche creare una falsa impressione di selezione e di omissione, senza dover mentire.
Io non sono un fotoreporter e per quanto ne so le mie fotografie non sono stati utilizzati in pubblicità, così le mie opinioni sono quelle di un consumatore di intrattenimento e notizie, e forse anche una vittima della pubblicità. I miei interessi personali sono quelli di un serio fotografo amatoriale con fotografi professionisti come amici. Io appartengo al club della fotocamera, e partecipo a concorsi fotografici con diverse regole. Un club di fotografia naturalistica è stato piuttosto restrittivo sulla manipolazione di foto nei suoi concorsi, anche se i responsabili invitano insegnano la manipolazione di foto. Coloro che seguono le regole del club alla lettera sono in svantaggio nelle competizioni. Stranamente, anche i più severi insiemi di regole permettono la conversione di modifiche in bianco e nero, l’alterazione di scene prima dello scatto, l’utilizzo della luce artificiale, il movimento della fotocamera propositivo e il cambiamento di lunghezza focale durante l’esposizione, e spesso anche le combinazioni di immagini multiple per effetti HDR e di piani di messa a fuoco.
Quindi la domanda è come dovrei visualizzare e trattare la valorizzazione fotografica e la manipolazione? Per aiutarmi ad affrontare questo problema etico, ho mandato un questionario informale di un gruppo di fotografi, soprattutto fotografi di natura, sia dilettanti e professionisti. L’ho preceduto con un link all’articolo di Alain Briot, “Creazione di fotografie significative” su Luminous-landscapes.com. 4
Briot dice: “In effetti, si è soliti per avvicinarsi di più al soggetto che piuttosto di quanto il soggetto si avvicini a voi. Questo significa trasformare il soggetto da quello che sembra a tutti in quello che sembra a voi in particolare.” Nel suo saggio egli discute le modifiche che Ansel Adams ha fatto alle sue fotografie limitatamente alla tecnologia a sua disposizione. Egli chiama questi cambiamenti “Tecniche di Ansel Adams” e poi procede a descrivere il notevole set di manipolazioni fotografiche a nostra disposizione nel 21 ° secolo. Briot espande l’elenco di Adams con una serie di tecniche che usa nel suo lavoro e chiama i nuovi set di tecniche “Tecniche di Alain Briot”. Ho chiesto ai fotografi di natura se pensassero che l’elenco di Alain Briot era una prima bozza di manifesto di un fotografo di natura.
Le nostre idee stanno cambiando in un contesto in cui sono ampiamente disponibili software di fotoritocco e gli standard che ora vengono sistematicamente applicati da professionisti del settore divengono routine. Tuttavia, in questo momento la maggior parte dei fotografi di natura sono piuttosto conservatori, e ho trovato una vasta gamma di opinioni. Ecco una lista delle risposte via e-mail e da conversazioni private:
E’ arte e faccio tutto quello che voglio.
Preparo le fotografie in modo che coincidano con il ricordo che ho della scena.
L’utilizzo di luce artificiale e di preparazione della scena prima di fare la foto è accettabile.
Io miglioro le immagini e rimuovo elementi di distrazione, ma non aggiungo cose. Se fossi sospettato di inserire uccelli aggiuntivi in una scena il cliente non lo accetterebbe.
Io non voglio che ci sia una possibilità di incomprensione o travisamento su qualsiasi aspetto del mondo naturale.
Pensando alla fotografia relativa a notizie in particolare, mi piacerebbe disegnare una linea per la quale aggiungere o togliere sia sostanziale, ma va bene quasi tutto il resto.
E da un fotoreporter in pensione: l’immagine deve essere reale, non alterata nel momento in cui l’otturatore scatta… Ma l’immagine potrebbe essere bruciata o schiarita o inserito un po’ di colore o ritagliata per adattarsi al testo.
La mia opinione è che le fotografie, comprese le fotografie di natura, dovrebbero essere giudicate come opere d’arte nella stessa categoria dei dipinti, e il realismo non deve essere assunto. Tuttavia, nel contesto attuale, in cui le fotografie sono assunte a rappresentare “notizie”, è opportuno etichettare le fotografie contenenti importanti cambiamenti e / o combinazioni di due o più immagini come le immagini composite. Se ci sono ancora aree sfocate con clonazione minore, la rimozione di elementi di distrazione, e di contenuti ridimensionati consapevolmente, senza una dichiarazione di qualche tipo da parte del fotografo possono essere scambiate per autentiche. Forse qualche altra parola o espressione deve essere adottata per indicare licenza artistica.
Così come fa questa sistema con la pratica corrente? Prendiamo Artie Morris, ben noto fotografo di uccelli, come esempio. Egli utilizza la tecnologia per migliorare le immagini, ricostruisce ali di uccelli tagliate, e compone immagini. In difesa del suo lavoro, dice, “ho didascalie nelle mie immagini veritiere e le persone sanno quello che ho fatto.” D’altra parte Jim Zuckerman etichetta se stesso come fotografo di effetti speciali e ognuno è avvertito che tutto è permesso. Egli eccelle in composizioni realistiche, la miscelazione, la clonazione, ecc penso che poche persone sono ingannate dal suo lavoro, ed è un piacere vedere i suoi dinosauri camminare sulla terra.
A titolo di esempio dal mio lavoro mi sottopongo queste fotografie scattate sulle Outer Banks del North Carolina.

Figura 1: (a) Una fotografia notturna con post elaborazione standard per migliorare l’immagine. (B) Una immagine composita che combina due immagini con notevole post elaborazione.

Figura 1: (a) Una fotografia notturna con post elaborazione standard per migliorare l’immagine. (B) Una immagine composita che combina due immagini con notevole post elaborazione.


La figura 1a mostra il faro di notte. La luce era accecante, e ho tentato di utilizzare filtri degradanti in post elaborazione insieme ad alcuni altra, ma non è completa il raddrizzamento delle linee verticali. La fotografia in 1b è un composto che si avvale di una fotografia scattata prima dell’alba, quando il faro è stato acceso, ma il cielo era molto più brillante. Questo è stato combinato con un cielo di notte preso vicino alla stessa posizione, ma con un campo di vista spostato di circa 30 gradi a sinistra per ottenere una visualizzazione più piacevole della Via Lattea. Infine, c’era un po ‘di lavoro per trasformare la luce in una piacevole scoppio di sole. Figura 1a ha ricevuto la post-elaborazione di serie e non vorrei commentare su questo, ma mi sento di etichettare fig. 1b come una composizione. Ai miei amici piace più la 1b che la 1° e anche a me.

Come pensiero finale sulla realtà fotografica, chiudo con la storia di Richard Kehl su Picasso.

Una volta, quando un soldato fece visita a Pablo Picasso durante la liberazione della Francia, e gli disse che non riusciva a capire i dipinti dell’artista: “Perché dipingi una persona che guarda da una parte e di fronte al tempo stesso?”, Picasso chiese “Hai una fidanzata?” “Sì” , rispose il soldato. “Hai una sua foto? ” Il soldato tirò fuori dal portafogli una fotografia della ragazza. Picasso la guardò beffardo e chiese “è così piccola?”

Spero che ciò offra molti spunti di riflessione.

Ringraziamenti: Ringrazio numerosi amici per i commenti, le correzioni e incoraggiamento.

References:

1. http://www.nytco.com/company/business_units/integrity.html

2.  http://www.zonezero.com/editorial/octubre03/october.html

3.  http://www.luminous-landscape.com/tutorials/what_we_see.shtml

4.  http://luminous-landscape.com/columns/creating_meaningful_photographs.shtml