Ho letto "A occhi aperti" di Mario Calabresi

 Ho appena finito di leggere il nuovo libro di Mario Calabresi "A occhi aperti" edito da Contrasto. Pare che durante le feste di Natale sia andato letteralmente a ruba a testimonianza del fatto che la Fotografia crea interesse nel pubblico.

Mario Calabresi, figlio del commissario Calabresi ucciso nel 1972, è alla guida de La Stampa dal 2009 e, secondo anche quanto racconta nel libro, il suo amore per la fotografia viene da lontano anche se non si definisce un fotografo. In effetti nel libro ci tiene a specificare che non intende parlare propriamente di Fotografia ma del rapporto che il fotografo ha con gli eventi importanti della storia che lo hanno visto testimone e in qualche misura la hanno creata in uno scatto.

Calabresi incontra dieci grandi fotografi: Steve McCurry, Josef Koudelka, Don McCullin, Elliot Erwitt, Paul Fusco, Alex Webb, Gabriele Basilico, Abbas, Paolo Pellegrin e Sebastiao Salgado. I suoi non sono incontri sulle loro fotografie in generale o sulle loro modalità di fotografare, seppure vengono fuori spesso nel libro, ma piuttosto Calabresi punta su alcune foto particolari, foto storiche di un periodo o un evento ed a partire da queste ricostruisce il momento "in cui la storia si è fermata in una foto" come illustra il sottotitolo stesso.

Quello che colpisce maggiormente è come tutti i fotografi siano stati segnati da quegli eventi ed in qualche modo ed è come se la loro visione abbia influenzato la percezione che si avrà di quell'avvenimento in futuro (come la foto scattata da Abbas di Nixon che punta il dito verso il presidente sovietico nel pieno della guerra fredda). Il racconto di Mario Calabresi è avvincente e cattura l'attenzione del lettore anche, e direi soprattutto, di chi non è interessato alla Fotografia, fa riflettere sul potere dell'immagine e del giornalismo fotografico. Ad esempio Abbas racconta come scattò diverse foto alla Ayatollah Khomeini al rientro in Iran ma che solo una secondo lui mostrava il suo vero volto che poi si sarebbe rivelato ma per opportunità ne fu scelta un'altra dove la Ayatollah si mostrava sorridente.

Il libro, ovviamente, è corredato di molte foto ma queste sono spesso finalizzate all'illustrazione del discorso e dell'intervista quindi non bisogna attendersi un libro patinato di fotografie. Personalmente l'ho trovata una lettura interessantissima ed utile per comprendere appunto come la storia incontra la fotografia ogni giorno ed ogni giorno si ferma in un'immagine che andrà a comporre la memoria di quell'evento. Vivendo in una società dove la comunicazione visiva è importante e predominate, la cultura della Fotografia d'attualità, interpretata da autori che attraverso la loro visione mediano ed raccontano gli eventi non in modo casuale e disconnesso come il flusso indistinto della fotografia social molto in voga oggi, risulta assumere una valenza fondamentale ed irrinunciabile del giornalismo moderno. In definitiva una lettura molto piacevole sia se si è appassionati di fotografia e sia se si è solo interessati a capire il mondo in cui viviamo.

6 Photographs, la Fotografia secondo René Burri

In questo breve filmato il fotografo svizzero René Burri, recentemente insignito del Leica Hall of Fame Award, racconta sue sei famose fotografie e attraverso esse il suo approccio alla fotografia.

Un filmato molto interessante. 

A Zurigo è anche presente in questi giorni e fino al 13 ottobre 2013 una sua retrospettiva dal titolo "René Burri - A duble Life" .

 

10 Domande al Fotografo Michele Berti

Michele Berti  

Michele Berti  

Michele Berti è un amico ed un fotografo toscano che incontrai per la prima volta diversi anni fa, mi colpirono i suoi paesaggi senesi ricchi di colori e di forme, dove una tecnica fotografica rigorosa si univano ad una ricerca personale, col tempo ho avuto modo di apprezzare anche altri lavori ed oggi posso dire che l’opera di Michele è per me sempre fonte di ammirazione e stupore.

Oggi ho voluto approfondire la sua idea di Fotografia rivolgendogli 10 domande.

 

1) Michele, iniziamo dalle origini, come hai incontrato la Fotografia?

Come spesso accade è stato grazie a mio padre. Il babbo portava sempre con se una macchina fotografica. Inizialmente non ho mai dato troppa importanza a questa sua passione ma con il passare degli anni le macchine fotografiche che passavano per casa erano sempre di più e forse è stato quello il momento in cui ho iniziato a prendere coscienza che doveva trattarsi di qualcosa di interessante. Molta della sua attrezzatura oggi la uso io con grande soddisfazione.

2) Cosa rappresenta la Fotografia per te?

© Michele Berti

Un mezzo per esprimermi . Ma non solo. Non si fotografa mai quello che si vede ma quello che siamo e per questo motivo le nostre fotografie finiscono sempre per mostrare qualcosa di noi da cui possiamo imparare molto per conoscerci meglio.

3) Nei tuoi lavori abbiamo visto l’alternarsi di molti generi dalla fotografia di paesaggio al reportage al ritratto e di molte tecniche (colore, BN), sembrerebbe che ti trovi a tuo agio con i più disparati generi, come ti relazioni di fronte a situazioni fotografiche diverse?

Mi piace sperimentare sempre cose diverse. Mi reputo una persona curiosa e per questo motivo avverto un bisogno continuo di cercare sempre qualcosa di nuovo. Ci sono naturalmente alcuni temi che ricorrono più di altri e questo è dovuto ai miei contesti di riferimento. Ad esempio per motivi personali mi trovo spesso a frequentare la campagna toscana, in particolare le Crete Senesi la Val d’Orcia, e questo mi offre occasioni talvolta irripetibili per interpretare questa terra.

4) “Paesaggio tra ideale e reale” e “Meta-spiaggia” sono il titolo di due tue mostre dove una visione personale supera il reale…

“Paesaggio tra ideale e reale” è una sintesi del mio modo di esprimermi attraverso il territorio dove sono nato e cresciuto. Questa mostra propone una selezione di fotografie che ho scattato più o meno negli ultimi dieci anni durante i quali ho sempre cercato di offrire una visione diversa rispetto alla rappresentazione classica del paesaggio toscano che tipicamente viene proposta, ho cercato di stare attento a non cadere nella trappola di fotografare le fotografie …  che con il paesaggio toscano è sempre in agguato. Con “Meta Spiaggia”, invece, ho provato a rompere gli schemi per porre l’attenzione su certi comportamenti stereotipati attraverso l’uso della ripetizione e della manipolazione di situazioni apparentemente “reali” create però ex-novo prendendo a prestito dalla realtà soltanto alcuni elementi raccolti in momenti diversi e poi decontestualizzati rispetto alla situazione in cui si trovavano originariamente. 

5) Cosa ti ha guidato nella realizzazione dei tuoi ultimi lavori come ad esempio “io creativo”?

Nasce da una constatazione. Il territorio che ricomprende le province di Arezzo e Siena è un vero laboratorio nel quale trovano fonte d’ispirazione artistica tantissimi creativi, molti anche stranieri che scelgono proprio queste terre come luogo ideale dove sviluppare le loro idee. Ho quindi iniziato questo progetto a lungo termine attraverso il quale mi sono proposto di ritrarre il creativo nel suo ambiente di lavoro con l’idea di provare a fare emergere appunto l’”Io Creativo” che è in ciascuno di loro e magari cercare spunti per capire se quella creatività si relaziona in qualche modo con il territorio ed eventualmente se c’è una chiave di lettura che li unisce in qualche modo gli uni agli altri. Allo stesso tempo trovo che sia un progetto molto utile perché mi consente di entrare in contatto con tanti artisti, più o meno affermati e di estrazione molto eterogenea, da cui un giorno magari – grazie alla contaminazione tra stili e modi di espressione diversi - potrei trovare ispirazione per qualche nuovo progetto fotografico.

6) La fotografia analogica e digitale: qual è il tuo rapporto con loro?

 © Michele Berti

 Questo tema non mi appassiona. Non credo che esista una fotografia analogica e una fotografia digitale. Per me esiste solo la fotografia e questa non può che essere il prodotto finito che trova compimento solo e soltanto nella stampa. Per questo motivo ricorro senza pregiudizi sia alla pellicola che al pixel, piegando egoisticamente alle mie necessità i pro e i contro dell’una o dell’altra.

7) Il processo di stampa delle fotografie spesso lo curi da solo, lo ritieni parte integrante del lavoro?

Non esiste fotografia senza la stampa. Mi piace pensare alla fotografia come ad un processo fatto di tanti ingredienti che il fotografo deve dosare in modo appropriato con l’obiettivo di ottenere una buona stampa. Conoscere a fondo il processo che porta alla stampa ti permette di intervenire in tutte le fasi del processo creativo per “piegarlo” ai tuoi bisogni espressivi. È sempre stato così e sempre lo sarà.

8) La foto che avresti voluto scattare e non hai scattato

Quella che devo ancora trovare. In fotografia – ma più in generale questo è vero per qualunque forma di espressione artistica – non conta tanto quello che si vorrebbe fare ma quello che si è fatto … a riguardo mi viene in mente una citazione di Picasso che usava dire “Io non cerco, trovo”.

9) …e la foto che volevi scattare ed hai scattato

L’ultima che ho trovato! 

10) Progetti nel cassetto?

Molti e sono tutti segnati nel mio block notes. Uno è già a buon punto, una progetto spassoso, oserei dire “Happy … ”. Gli altri spero di poterci lavorare presto.

Ringrazio Michele per la sua disponibilità e non resta che attendere i suoi prossimi lavori e ricordare i suoi riferimenti:

Web: www.micheleberti.it

Facebook:  www.facebook.com/MicheleBertiPhotography